Trieste - case e palazzi del Borgo Teresiano



Casa Vianello tra Via Paganini e Via San Lazzaro - fu costruito alla fine del XVIII secolo e modificato nel 1881 su progetto dell'ingegnere Eugenio Geiringer. Anche se il palazzo porta il nome della famiglia Vianello, il primo documento da cui risulta l'esistenza di questa casa è del 1798, in cui si attesta la proprietà dell'edificio a Salvatore Morpurgo. Nel 1801 la casa apparteneva ad Iseppo Treves. In seguito, nel 1879, fu acquistata da Federico Deseppi.

L'edificio ha subito notevoli trasformazioni nel tempo, specialmente ristrutturazioni interne e modifiche alla copertura, nonché un restauro generale alle facciate che ne ha alterato l'aspetto originario, pur mantenendo la disposizione dei fori ed i balconi con le caratteristiche ringhiere barocche in ferro battuto.
L'edificio, a pianta rettangolare e con due affacci, si eleva per quattro piani fuori terra. Il pianoterra, rivestito a bugnato a corsi orizzontali, è solcato da aperture ad arco. Una cornice marcapiano separa il pianoterra dalla parte superiore dell'edificio. Le finestre dei piani superiori sono sormontate da frontoni lineari. La facciata principale, prospiciente via Paganini, è caratterizzata da due poggioli con ringhiera in ferro battuto che legano il portale a bugnato con le finestre del primo e secondo piano. Ai lati del portale d'ingresso sono collocati due medaglioni che ritraggono due volti di profilo. Sul tetto si eleva un attico. I poggioli sono protetti da ringhiere in ferro battuto con decorazioni a spirali e motivi vegetali. I medaglioni in bassorilievo a lato del portale raffigurano un volto femminile ed uno maschile, probabilmente due proprietari della casa. (da:biblioteche.comune.trieste.it)
Via della Zonta, 2 ; Via Nicolò Paganini, 2 - L'edificio fu costruito nel 1906 su progetto dell' ingegner Bachschied. Nel provvedimento di vincolo redatto dalla Soprintendenza viene decritto come edificio di buona architettura, misto di forme rinascimentali e secessioniste che, oltre al particolare interesse in sé, presenta interesse ambientale a salvaguardia del complesso monumentale di San Antonio Taumaturgo, Chiesa di San Spiridione e Canal Grande.
L'immobile, a pianta rettangolare con due affacci, è composto da cinque piani fuori terra più sottotetto abitabile. Il pianoterra e il primo piano sono rivestiti a bugnato liscio.
Una cornice marcapiano aggettante sostenuta da mensoline separa i primi due livelli dalla parte superiore dell'edificio. A livello del secondo piano, sulla facciata prospiciente via Paganini, è presente un ampio balcone con balaustra in pietra decorata a motivi geometrici. Sulla facciata prospiciente via della Zonta, sono collocati due balconcini a livello del secondo piano. La parte superiore della costruzione, trattata ad intonaco giallo, è ingentilita da lesene ad intonaco bianco in corrispondenza dei balconi. Le porzioni di facciata racchiuse dalle lesene sono lievemente sporgenti. Le finestre presentano decorazioni floreali e cimase curvilinee o lineari e, tra le lesene, timpani. Sotto lo sporto di linea corre una cornice a dentelli. Decorazioni floreali e a motivi geometrici in rilievo negli spazi tra le aperture. Sopra il portone d'ingresso principale, su via Paganini, riquadro con stemma circolare accompagnato da volute e festoni di frutta. I balconi presentano balaustre in pietra con motivi stellari traforati. (da:biblioteche.comune.trieste.it)

Via della Zonta è la strada che da Via Paganini porta in Via Valdirivo, vicino Piazza Sant’Antonio. Il nome indica la Fontana della Zonta (aggiunta in triestino, dal latino “iuncta“) posta qui nel’400. Con questo termine si indicava l’acqua versata sulle vinacce durante la vendemmia per allungare il vino. Fin dal ‘300, come testimoniano gli statuti, si stabilirono forti multe per chi veniva sorpreso ad adulterare il vino sopra un dato quantitativo.
La fontana sorgeva al centro della piazzetta (l’incrocio tra Via della Zonta, dei Cordaroli e el Molin Piccolo), aveva una forma ottagonale e funzionava a pompa, raccogliendo l’acqua direttamente dalla valle di San Giovanni di Guardiella, accanto alla fontana era presente una . In origine era intitolata a San Niceforo in onore del santo vescovo che, secondo la leggenda, aveva fatto scaturire l’acqua proprio in quel punto, come aveva già fatto in alcuni paesi dell’Istria. Nel 1754 fu scavato il Canal Grande e un tubo sotterraneo conduceva l’acqua da questa fontana ai due ceffi (le due faccie) posti alla fine del Canale ancora oggi. La conduttura andò distrutta quando si costruirono le fondamenta della nuova Chiesa di Sant’Antonio Thaumaturgo.


Via Paganini angolo Via della Zonta
Nel 1760 Maria Teresa d’Austria fece ampliare il serbatoio sotterraneo in modo da alimentare anche il vicino lavatoio costruito in quel tempo, tramite un canale sotterraneo. Nel 1822 venne eseguito dai capi muratori Valentino Valle e Angelo Torriani un importante restauro, venne coperta da una struttura ottagonale e vennero purificate le acque per renderla potabile e avere una nuova fonte di approvvigionamento per la città. L’edificio che circondava la fontana subì numerosi restauri ma nel 1821, durante uno di questo, crollò rovinosamente e nel 1889 venne decisa la demolizione della fontana al fine di utilizzare lo spazio ottenuto per un mercato, sostituito successivamente in via Carducci. Il termine “zonta” rimase proverbiale per i triestini anche dopo la scomparsa della fontana. (Fonte; ScoprendoTrieste.it)

Sopra: Casa Carciotti in Via Nicolò Machiavelli, 9 - Il fabbricato, noto come casa Carciotti, venne costruito nel 1814 su progetto attribuito a Giovanni Righetti (Zocconi). In seguito l'edificio passò in proprietà della famiglia Apostolopulo. L'edificio, che si affaccia su questa stretta via del Borgo Teresiano, è stato costruito in stile neoclassico. L'edificio, a pianta quasi quadrata, è costituito da quattro piani fuori terra. Il pianoterra è trattato a bugnato liscio a corsi orizzontali e le aperture sono riquadrate da conci in pietra bianca. Una serie di cartelle rettangolari precedono le aperture del primo piano. Le finestre laterali del primo piano presentano, sotto la cimasa rettilinea aggettante, una decorazione a drappeggio con roselline. La parte centrale della facciata, lievemente emergente, è caratterizzata da quattro lesene ioniche di ordine gigante e da un balcone con balaustra in ferro battuto, posto in corrispondenza del portale d'ingresso ad arco. Le lesene, che s'impostano sul marcapiano, sostengono un lungo fregio a bassorilievo raffigurante un sacrificio in onore di divinità, molto probabilmente scolpito da Antonio Bosa. All'ultimo piano, sopra il riquadro a rilievo, bassi piastrini si alternano alle finestre semplicemente riquadrate. Una cornice a dentelli fa da cerniera tra la parte finale della facciata e il tetto. (da:biblioteche.comune.trieste.it)

Via Nicolò Machiavelli 3 - Casa dei Conti Viscovich - studio al V piano degli architetti Berlam anche proprietari (successivamente ITIS), studio del pittore Cesare Sofianopulo, nell'atrio della casa statue del "Pensiero" e dell'"Azione" di Gianni Marin, che nel 1912 quando i Berlam costruirono il palazzo della RAS di Piazza della Repubblica vennero poste sulla facciata in alto (questa volta scolpite nel marmo), rappresentanti la "Previdenza" e la "Protezione"
Sopra: Via di Torrebianca 20, L'edificio fu costruito tra il 1851 e il 1852 per il negoziante greco Anastasio Verdacca. Il progetto, firmato dai fratelli Domenico e Giuseppe Righetti, architetti di origine ticinese, è conservato presso l'Archivio Comunale di Trieste e reca la data 20 giugno 1851. Il fabbricato si trova in Via di Torre Bianca, già Via di Carinzia, all'interno del Borgo Teresiano, la "città nuova" voluta dall'imperatrice Maria Teresa d'Austria per ospitare gli edifici funzionali alle nuove attività commerciali che iniziavano a svilupparsi in quegli anni. Lo sviluppo dell'area fu regolamentato dalle modalità costruttive stabilite da una apposita commissione: i nuovi edifici avrebbero dovuto avere tre piani con magazzini al pian terreno, che era in genere più alto dei piani superiori. I piani superiori erano riservati all'abitazione del proprietario e agli uffici. L'immobile in esame è degno di particolare tutela in quanto costituisce un caratteristico esempio delle dimore che i ricchi mercanti fecero erigere per sé nel Borgo Teresiano, non solo come testimonianza della raggiunta ricchezza, ma anche come elemento di un nuovo linguaggio architettonico e urbanistico, dove la bellezza ed il decoro sono profondamente uniti alla proporzione, alla solidità e anche alla comodità.

L'edificio presenta una pianta rettangolare e consta di quattro piani fuori terra, più una sopraelevazione nella parte centrale. L'alto basamento a bugnato liscio in pietra comprende tutto il primo piano e si dispone a corsi orizzontali convergenti a raggiera in corrispondenza dei tre portoni ad arco. Tutti i portoni presentano un sopraluce con ghiera in ferro battuto e un elemento a voluta in chiave di volta. Le finestre rettangolari che si aprono al piano terra sono chiuse da inferriate che riprendono il motivo decorativo presente nelle ghiere dei portoni.
Il portone centrale è caratterizzato da una porta lignea con specchiature rettangolari ornate da grate in ferro battuto con eleganti disegni mistilinei e teste leonine nei battenti. Ai lati del portale sono collocati due medaglioni raffiguranti due volti virili di profilo.Secondo alcuni da identificarsi con i profili dei fratelli Treves, membri di una famiglia che fece fortuna nel commercio a Trieste.

A coronamento del primo piano corre un marcapiano decorato da un susseguirsi di motivi a triglifi. Il piano nobile è caratterizzato nella parte centrale da un lungo balcone in pietra sostenuto da quattro coppie di mensole. Sul balcone si affacciano tre aperture, le due laterali sono coronate da un architrave modanato e decorato da una fila di dentelli, mentre l'apertura centrale è inquadrata da lesene e sormonata da una lunetta con una ricca decorazione fitomorfa a rilievo. Anche al secondo piano è presente un balcone in posizione centrale, molto più piccolo di quello del piano sottostante. Su questo balcone si apre una porta-finestra, la cui decorazione ripete quella delle due aperture laterali del balcone del primo piano. Le altre finestre del primo e del secondo piano sono sormontate da cimasa lineare. Il terzo piano e l'abbaino, che comprende tre aperture, presentano semplici finestre riquadrate. Nel sottolinda del tetto si susseguono mensole decorate da una sobria voluta. Decorazioni a rilievo con elementi vegetali e medaglioni ornano la parte centrale della facciata in corrispondenza dei balconi. Nei medaglioni in marmo emergono due volti virili di profilo. Balaustre con balaustrini in pietra ornano i due balconi in facciata. Le aperture del piano terra sono chiuse da inferriate in ferro battuto che riprendono i motivi decorativi mistilinei delle ghiere degli archi. (da:biblioteche.comune.trieste.it)
Via di Torrebianca 14
Via di Torrebianca angolo via Trento

L'edificio, costruito all'angolo tra la vie di Torrebianca e Trento, è databile alla metà dell'Ottocento. In particolare, il portale d'ingresso reca un iscrizione con la data 1844. L'autore della costruzione resta anonimo. Ospitò gli uffici delle Assicurazioni Generali. Via di Torre Bianca, che assunse tale nome per via di una torre che nel XIV secolo esisteva in questa zona, fino al 1902 si chiamava Contrada di Carintia; mentre via Trento nell'Ottocento era conosciuta come via dei Carradori.
Il vincolo è limitato alle facciate. Nella corrispondenza interna con il Ministero della Pubblica Istruzione del 17 giugno 1971, il Prof. Arch. Alessandro Degani, a seguito del ricorso interposto dalla proprietà, evidenzia come "l'edificio costituisce una valida e insostituibile testimonianza di una sobria ma elegante costruzione tipicamente teresiana, con elementi del repertorio barocco e di quello classico, tra cui notevole il portale legato allo splendido balcone settecentesco di ferro battuto". L'edificio presenta una pianta rettangolare e tre piani fuori terra. L'immobile, a sviluppo orizzontale, è contraddistinto da una lunga cornice che suddivide il pianoterra, con locali per magazzini, dai piani superiori adibiti ad abitazione e caratterizzati da due fitti ordini di finestre rettangolari. Il pianoterra è ritmato da aperture ad arco che si alternano a finestre rettangolari architravate e coronate da cimase lineari. Sul lato prospiciente via Torre Bianca i portali sono incorniciati a bugnato, mentre i portali che si aprono su via Trento sono di tipo rinascimentale. Il portale principale, affiancato da pilastri geminati, è sovrastato da un balconcino barocco con ringhiera in ferro battuto, al quale si accede da una porta finestra ornata da un frontone triangolare. Sul cornicione di coronamento si elevano diversi abbaini. Il balcone è ornato da una balaustra in ferro battuto a motivi geometrici e, al centro, floreale.
(da: biblioteche.comune.trieste.it)
Via di Torre Bianca (Torrebianca) assunse tale nome per via di una torre che nel XIV secolo esisteva in questa zona,
fino al 1902 si chiamava Contrada di Carintia, mentre via Trento nell'Ottocento era conosciuta come via dei Carradori.
Palazzo delle Assicurazioni delle Generali in Via Trento

Casa tra Via Trento e Via di Torrebianca

Palazzo Zoccoletti tra Via Trento e Via Valdirivo
Palazzo tra Via della Geppa, Via Trento e Via Giorgio Galatti
Sul portone: A.IX E.F. (Anno nono dell'Era Fascista ) - 1931
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Via di Torre Bianca angolo Via della Zonta



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